Figli grandi…grandi difficoltà

“[…] Uno mica se lo immagina che poi da grande sarà tutto un bisticcio…una questione… un non capirsi…guardate che io non lo so mica più se vi sopporto.

Da bambini sì, vi ho adorati, finché uno vi poteva prendere in braccio, ma da adulti…ma che senso ha?

Io giudico voi, voi giudicate me… come degli estranei che neanche si sono scelti… Siete così diversi dai miei bambini… non sono più neanche poi così sicuro che voi siate loro… crescendo siete diventati un’altra roba… adesso è tutta una polemica… tutto un rapporto di forza… io non la voglio una cosa così… non la so gestire, non la sostengo, non la reggo… nessuno sa fare il genitore dei figli grandi, è una cosa quasi contro natura, io mi dimetto, mi pensiono dal ruolo di padre.

Ci dovrebbe essere un limite d’età per essere figlio…uno è figlio fino ai 35 anni, diciamo 40 massimo, e poi il rapporto cambia, evolve, si diventa… che so… nipoti… cugini di secondo grado… lontani parenti… una cosa più sciolta… uno mica se lo immagina che poi da grandi i figli diventano SUOCERI!.”

Si nota all’imbrunire (Solitudine da paese spopolato) spettacolo teatrale di Lucia Calamaro pubblicato da Marsilio Editori (2019).

Le evoluzioni del rapporto genitoriale sono oggetto di moltissimi studi, ma questi ultimi riguardano per lo più i momenti in cui i figli sono piccoli, per fermarsi all’adolescenza. E poi?
I figli crescono, diventano adulti e autonomi, e poi forse genitori a loro volta.
I genitori invecchiano, e vedono riaffacciarsi la necessità di appoggiarsi ad altri e rinunciare alla propria indipendenza a causa dell’invecchiamento fisico.

Un gran capovolgimento di ruoli!!

Quant’è difficile regolare la distanza con i propri figli quando non se ne ha più la responsabilità?
Quanto è complesso per un figlio assumere la posizione di persona autonoma e indipendente di fronte a coloro verso cui ci si è sempre posti in termini di dipendenza?
Il rapporto genitore figlio è spesso caratterizzato da identificazioni e proiezioni; i genitori “proiettano” sui figli le loro aspettative e le loro fantasie, fin dal concepimento, quando immaginano e fantasticano su come sarà il loro bambino.
Queste fantasie sono fondamentali per i nascituri, come un soffio vitale che passa dalla mente dei genitori a quella dei figli, e hanno molteplici funzioni per entrambi. Rischiano di essere fonte di malessere, incomprensioni e disturbi quando sono eccessivamente rigide e non riescono a inserirsi nella realtà in mutamento.
i figli, in base a una complessa combinazione di temperamento e altre influenze ambientali (gruppo di pari, scuola, altre figure di riferimento) tenderanno a incarnare queste rappresentazioni, oppure a respingerle.
Nel frattempo, crescendo, si creeranno a loro volta delle rappresentazioni dei genitori, che possono coincidere più o meno con la totalità della loro personalità, ma spesso riguardano soltanto una parte, con cui tenderanno a identificarsi o differenziarsi.
“questa dinamica di “immagini” di sé e dell’altro, influenzerà la relazione genitore-bambino e tutte le negoziazioni che dovranno affrontare nel corso della vita, a cominciare dai primi “no” dei bimbi di circa due anni, fino all’ora di rientro la sera a 16.

[…]Questioni fondamentali quali la fiducia, l’attaccamento, la dipendenza, l’indipendenza, il controllo, l’autonomia, la padronanza, l’individuazione e l’autoregolazione, riguardano l’intero corso della vita; il modo in cui ci si lavora sopra e le forme che tali questioni assumono cambiano nelle diverse fasi evolutive. Lo sviluppo progredisce sempre, ma per salti discontinui, seguiti da periodi di relativo consolidamento delle nuove acquisizioni. Man mano che ciascuno scatto dà luogo a nuove capacità sociali, affettive, motorie e cognitive, l’interazione con i genitori viene riorganizzata.  Le questioni che riguardano tutto l’arco della vita saranno rinegoziate diversamente e nei nuovi termini della capacità di relazione che il bambino ha appena acquisito. In occasione di ciascuno scatto evolutivo, prosegue la negoziazione di tutta la vita su questioni quali l’indipendenza e l’attaccamento, ma in una nuova forma che può soltanto celare la medesima funzione.
(Stern, 1995, p. 86).

Man mano che i figli crescono però la stretta interrelazione tra proiezioni e identificazioni si allenta. Il mondo relazionale dei figli, che vanno verso l’autonomia e la differenziazione, si allarga, e quello dei genitori, che sentono affacciarsi nuove preoccupazioni e bisogni di vicinanza e conferme, si restringe, e può sembrare sempre più difficile “riconoscersi”:

“[…]Non so perché la penso così, ma è così che la penso. E il vostro pensarla diversamente non nego che mi infastidisca e, in qualche modo, mi allontani…mi sorprende sempre che basti qualche secondo di intenzioni stonate, di frasi fuori luogo, in fondo di mondi mal sintonizzati, per creare chilometri e chilometri di distanza. Basterebbe girare la manovella di qualche centimetro e tutto tornerebbe a posto nei rapporti umani, e invece no, nessuno cede, nessuno la gira…”
(Calamaro, 2019, p.93).

Questo è il grande tema che ci si trova spesso ad affrontare nel corso dei colloqui di sostegno alla genitorialità, sia che si tratti di figli che stanno crescendo, che di genitori che vedono i propri figli crescere: riuscire a sintonizzarsi mentre si modificano le rappresentazioni di sé e dell’altro in modo così importante.
La questione è complessa, perché coinvolge le dimensioni di autonomia e dipendenza, la necessità di affermare la propria volontà e autonomia da una parte e la capacità di chiedere aiuto e sentirne il bisogno dall’altra, e i fattori che intervengono a determinare la nostra posizione rispetto a queste dimensioni sono molteplici, con una grande variabilità individuale.
Inoltre sono dimensioni che attivano in ognuno di noi emozioni forti, e talvolta anche risposte affrettate; la negoziazione è difficile, e una soluzione universale non esiste. Si potrebbe suggerire di porsi nel mezzo; ma il giusto mezzo, in ogni delicato passaggio di crescita, sembra diverso per ognuno di noi, e non segue mai una regola fissa: occorre essere flessibili.
Nello spazio della psicoterapia individuale e/o del sostegno alla genitorialità ci si può dedicare ad analizzare insieme la situazione e a conoscere meglio le forze che ci spingono in una direzione o nell’altra, per cercare di scegliere consapevolmente in che posizione collocarci nelle diverse situazioni di vita, e trovare, per ogni fase evolutiva, un nuovo modo di “stare insieme” che rispetti i bisogni e i desideri di entrambi.

A cura della Dott.ssa Laura Zappaterra